Essendo cresciuta a pane e black metal appena ho saputo di questa data-bomba letteralmente dietro casa e con protagonisti i Marduk non c’è nemmeno stato bisogno di pensarci, con i soliti compari sapevamo già cosa fare quel venerdì sera: punto di ritrovo, rassicurazioni alla mamma (giuro, ritorno tutta intera), e si parte alla volta del Fuori Orario a Taneto, in provincia di Reggio Emilia! I Marduk mi piacciono talmente poco che questa è la settima volta che li vedo, e le aspettative come al solito sono belle alte! Specialmente per il loro ultimo lavoro, “Memento Mori” (2023), opera intensa, arrabbiata e furiosa che ti prende a schiaffi ascoltandola registrata; quindi, figurarsi dal vivo… Ad accompagnare questi mostri del black metal, tre band perfettamente in linea e azzeccate per la serata: gli spagnoli Litost, i portoghesi Irae e gli olandesi Doodswens.

LITOST

Il quartetto di Valencia offre una performance particolare, proponendo un suono alternativo che fonde in maniera coinvolgente elementi di black metal con influenze prog, alternando momenti di intensità sonora a momenti più melodici, avvolgenti, tranquilli. L’assenza di face-painting e l’abbigliamento abbastanza casual dei membri traggono assolutamente in inganno: l’aspetto dei bravi ragazzi stride con la proposta musicale energica e a tratti estrema, ma ciò rende la performance ancora più accattivante!

IRAE

Cambio di palco e cambio di influenze… È il momento degli Irae, che portano sul palco un black metal più oscuro e atmosferico del gruppo precedente, di ispirazione norvegese, con una buona presenza scenica, evocativa e avvolgente. La performance della band mette in mostra una buona padronanza tecnica, dimostrata dalla capacità di mantenere un flusso sonoro costante all’interno di una stretta cornice stilistica. Unica pecca (personalmente parlando) è la lunghezza dei brani e lo stile molto minimal, che rendono i brani un po’ troppo simili tra loro e a tratti un po’ monotoni… Un sottotono maligno caratterizza il lavoro di chitarra e la voce, tipica del genere, può essere descritta come dura, cruda e diabolica. Molto apprezzabile il basso, con un suono penetrante e note interessanti che smorzano un po’ la pesantezza del minimalismo proposto. Nel complesso niente male, anche perché in realtà di esperienza ne hanno essendo in circolazione dai primi anni duemila…

DOODSWENS

Terzo gruppo sul palco, i Doodswens (tradotto in inglese con “Death wish”, Desiderio di morte), composto in realtà da due elementi provenienti da Eindhoven, che fondano la band nell’autunno 2017, ispirandosi alla crudezza del black metal anni ’90 e fondendo un’ottima base old-school con un solido muro atmosferico, con influenze moderne e a tratti sperimentali. Piacevolissimi all’ascolto, i brani sono snelli e veloci, mai ripetitivi e nemmeno troppo stressati; un ottimo equilibrio tra tutti gli strumenti che rende i suoni chiari, sufficientemente limpidi e vibranti e una voce che ben vi si sovrappone. Quarantacinque minuti ottimamente sfruttati e che introducono in maniera degna e più che dignitosa l’headliner della serata.

MARDUK

E finalmente giunge l’ora… Ultimo cambio palco, salgono on stage i Marduk, avvolti da fumo denso, luci scure e una marcia funebre in sottofondo. Mi aspetto tanto e so già che difficilmente rimarrò delusa.

E infatti… sono la solita macchina da guerra! Precisi e veloci, nel panorama black metal sono delineati, a ragione, come una delle band più feroci e implacabili del genere. Oltre alla loro estetica brutale e ai testi impregnati di guerra e blasfemia, ciò che li distingue è l’incredibile precisione e abilità tecnica. Håkansson è al solito un pilastro portante: la sua chitarra è uno spesso mitragliatore che alterna riff dissonanti e taglienti con passaggi atmosferici di grande impatto. La capacità di proporre riff vari e distanti tra loro senza mai però sacrificare l’aggressività che è marchio di fabbrica di questa band è una delle ragioni per cui i Marduk hanno mantenuto un’identità forte per oltre tre decenni.

Sul versante ritmico, i Marduk vantano una tradizione di batteristi straordinari, e l’attuale Simon Schilling non è da meno. Un muro sonoro inarrestabile, con blast beat al limite delle capacità umane, cambi di tempo precisi che non lasciano spazio all’errore. Anche il basso trova uno spazio ben definito e fondamentale, con linee potenti che seguono e rinforzano i riff di chitarra.

E poi c’è Mortuus, altezzoso, carismatico e spavaldo come pochi frontman, sempre molto pieno di sé e sempre ben padrone del suo personaggio, a tal punto da far cadere con un colpo di stivale il cellulare di un povero astante in prima fila tra il pubblico durante l’esibizione, reo probabilmente di essergli un po’ troppo vicino con il dispositivo, non prima però di averlo guardato malissimo! Il suo timbro gutturale aggiunge ulteriore intensità e aggressività all’assalto sonoro degli strumenti, creando un connubio perfetto, brutale e preciso.

Un concerto di una fine brutalità, una goduriosa rabbia e una insaziabile voglia che ricominci da capo… Non vedo già l’ora che arrivi l’ottava volta…

 

SETLIST

The Levelling Dust
Warschau
Shovel Beats Sceptre
Steel Inferno
Marching Bones
Blood of the Funeral
Cold Mouth Prayer
The Hangman of Prague
Imago Mortis
Throne of Rats
Womb of Perishableness
Blutrache

The Blond Beast

Si ringraziano The Abyss Booking, Mostro Production e TempoRock per la splendida serata!

Giada B.
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