Potevamo mai mancare a quello che si è rivelato essere, a tutti gli effetti, l’evento metal più chiacchierato dell’anno? Il tour The Unholy Trinity 2025 sbarca all’Alcatraz di Milano mercoledì 9 aprile, portando con sé tre delle black metal band più iconiche del continente europeo: Rotting Christ, Satyricon e Behemoth, per uno show che si preannuncia memorabile.
A rendere tutto ancor più incredibile è la polemica scoppiata giusto pochi giorni prima: gruppi di fedeli credenti che richiedono l’annullamento dell’evento assieme ai consiglieri comunali per fermare “il concerto satanico”, contro-petizioni per la libertà di espressione e il regolare svolgimento dell’evento, persino un esorcismo con tanto di croci di legno e acqua santa all’apertura dei cancelli.
Mi trovo proprio lì e osservo questa manciata di persone recitare il rosario e riesco a pensare solo due cose, in questo preciso ordine: che emozione, me lo hanno sempre raccontato tutti quelli che hanno visto Marylin Manson almeno trent’anni fa e ora posso raccontarlo anch’io alle future generazioni! E comunque restano sempre molto più inquietanti le preghiere recitate costantemente come mantra rispetto a un po’ di corpse paint. Ad ogni modo, una volta esorcizzata mi sento ancora più decisa a cercare un posto sottopalco: mal che vada in caso di demoni arriverà Buffy L’Ammazzavampiri assieme alla sua combriccola e sarà ancor più magico.
Il tempo di una birra ed ecco i Rotting Christ sul palco: la band greca viene accolta calorosamente dal pubblico e regala uno show d’apertura degno di nota nonostante il coinvolgimento in un incidente stradale avvenuto proprio un paio di giorni prima. L’inizio della serata non poteva che partire con 666, suonata e cantata dal pubblico quasi come fosse un mantra – diciamocelo, più bello e meno inquietante delle preghiere. Proseguono con Fire, God and Fear e Kata Ton Daimona Eaytoy per poi introdurre Like Father, Like Son dall’ultimo disco Pro Xristou uscito lo scorso anno. Dopo qualche bestemmia, un’attesissima Non Serviam e la cover di Societas Satanas dei Thou Art Lord – altra band del cantante Sakis Tolis, i Rotting Christ concludono il loro set con Grandis Spiritus Diavolus e un “grazie mille fratelli” che non lascia spazio alle interpretazioni: qui non ci sono demoni, solo persone appassionate e abituate al torcicollo da headbanging.
Lasciano spazio ai Satyricon: salgono sul palco sventolando una bandiera che raffigura, ovviamente, una croce rovesciata. La batteria è decorata da diversi corni, dietro di loro un telo con uno stormo di corvi e un cielo cupo tipico norvegese. Satyr, Frost e soci infiammano subito il pubblico con Now, Diabolical e proseguono con altri classici come Nemesis Divina e Black Crow On A Tombstone, sui cui tutto l’Alcatraz si scatena. “Alcuni di voi probabilmente erano qui sotto al palco già venticinque anni fa: se conoscete i Satyricon, sapete che abbiamo un forte legame con l’Italia”, dice Satyr prima di eseguire Die By My Hand.
Gli anni passano ma i Satyricon sono in ottima forma: il loro show non delude le aspettative, band e musica resistono allo scorrere inesorabile del tempo. Continuano con The Pentagram Burns e Mother North, chiudendo con la più conosciuta K.I.N.G. e confermando il loro status di capostipiti del black metal nonostante le loro evoluzioni sonore e artistiche.
Il palco si prepara ad accogliere la band headliner: un enorme telo nasconde la scenografia imponente. Poi le luci si spengono di nuovo, sul telo c’è il loro logo. C’è un odore di incenso incredibile e penso che sì, questa è la parrocchia che preferisco. I Behemoth fanno il loro ingresso, niente è lasciato al caso e tutto è estremamente scenografico: dalle gradinate ai lati del palco ai simboli esoterici sulle aste di ogni microfono. Iniziano con la nuova The Shadow Elite, proseguono con Ora Pro Nobis Lucifer e Demigod. “Benvenuti nell’inferno di Milano, siamo i Behemoth. Iniziamo con questa m***a di Dio!”, annuncia Nergal in un italiano preciso e pulito prima di suonare, ovviamente, The Shit Ov God.
Un intrattenitore perfetto e posizionato proprio al centro della scena: in merito alle polemiche degli ultimi giorni, Nergal non si dilunga poi troppo ma ci tiene a dire la sua: “siamo arrivati fin sulla luna, ma alcuni hanno ancora una mentalità così medievale” e non si può di certo dargli torto. Il palco è la sua chiesa e lui ne è il sacerdote: la band continua con successi come Conquer All, Christgrinding Avenue, Ov Fire And The Void. Il suo show prosegue con cambi d’abito (o dovrei dire di tunica?) e maschere più o meno demoniache: è musica ma anche teatro e persino cinema quando il telo si alza di nuovo per la proiezione di alcune sequenze girate tra i boschi, tipico dell’ambientazione blackster.
Torna sul palco con la mitra papale in testa pronto per Bartzabel: perché nessuno ha ancora mai pensato a disegnare un mazzo di tarocchi metallaro? Sarebbe sicuramente perfetto come papa dei miei arcani maggiori. Dietro di lui, proprio davanti alla batteria, un crocifisso rovesciato: chissà cosa direbbe l’ordine degli esorcisti, ma posso assicurare che come elemento di arredo rende benissimo. Dopo Wolves Ov Siberia e Once Upon A Pale Horse arriva il momento di Cursed Angel Of Doom, primissimo brano di sempre della band polacca. A chiudere la serata più satanica dell’anno è la combo Chant For Eschaton 2000 e O Father O Satan O Sun!.
L’uscita di scena è di una teatralità devastante: impossibile che la messa sia finita qui, ne vorremmo di più. A consolarci però le affermazioni sacerdotali di Nergal, a cui crediamo ciecamente: “Il black metal non è mai stato più grande di così”.
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