Sliptrick Records ”“ Ottobre 2016
Siete stanchi del nuovo metal e delle sue contaminazioni prog, folk, gotiche o sinfoniche? Avete nostalgia dell’heavy metal “duro e puro” dei primi anni ’80, dei primi Maiden e della NWOBHM?
Ecco il gruppo che fa per voi: si chiamano Tytus e vengono, pensate un po’, proprio dall’Italia. La band nasce dall’unione di quattro musicisti veterani della scena rock, punk e hardcore triestina ed irrompe oggi sul mercato con quest’album d’esordio “Rises” (che fa seguito all’EP “White Lines” di un paio di anni fa), nel quale va alla ricerca delle proprie origini, andandosi ad inserire di diritto nel movimento della cosiddetta NWOTHM (New Wave Of Traditional Heavy Metal), movimento che vede tra i suoi maggiori esponenti band come Enforcer, Striker e Steelwing e che si rifà palesemente ai dettami classici di band quali Judas Priest, Iron Maiden e Accept.
Questo ottimo platter di debutto (che esce per la stessa etichetta americana dei Metal Church)Â viene aperto da una breve intro intitolata “Ode To The Mighty Sun” (che sembra rievocare antichi culti pagani), al termine della quale le intenzioni del quartetto vengono subito rese manifeste grazie a due inarrestabili cavalcate degne proprio della piùclassica tradizione metallica: l’incisivo riff che apre “Land Of The New Frontier” è da manuale della NWOBHM, con le chitarre a doppiarsi sullo stile dell’esordio dei Maiden, mentre “Haunted” (primo singolo e video, che potete guardare a questo link), dopo un inizio riecheggiante le sulfuree atmosfere dei cult heroes Mercyful Fate, si tramuta in un attacco spietato condotto magistralmente dal gran lavoro del basso pulsante a-la Steve Harris: l’influenza della Vergine di Ferro è evidente, anche nel cantato punk che ricorda lo stile di Paul Di ‘anno, ma che al tempo stesso costituisce, a mio parere, forse l’unico punto debole del disco, risultando troppo monocorde e poco incisivo. Questi Tytus non sono comunque dei meri imitatori (qualcuno ha detto Steelwing?), perché nel loro sound c’è spazio per altre influenze magari meno evidenti (il break centrale prima degli assoli di chitarra è da tipica scuola thrash della Bay Area) che, miscelate con arguzia, contribuiscono a rendere i brani del gruppo meno lineari e standardizzati.
Un rintocco di campane introduce la appena piùcadenzata “325 A.D.”, che potrebbe benissimo essere uscita da “Don’t Break The Oath” e che ci porta al cospetto di una band che nei testi non ha paura di affrontare temi di portata storica (la data del titolo fa riferimento al Concilio di Nicea, che pose la basi della Cristianità , cambiando per sempre le sorti dell’umanità ). Non c’è un attimo di respiro nell’aggressiva e già edita “White Lines”, un vero e proprio schiacciasassi che azzererà definitivamente le vostre preclusioni verso un’opera che non può essere assolutamente etichettata come mera “operazione nostalgica”.
“Omnia Sunt Communia” vede la partecipazione di Will Wallner dei White Wizzard (altra band del calderone NWOTHM) e del cantante dark folk tedesco Conny Ochs, per uno dei brani top dell’intero disco, caratterizzato da un andamento diretto e incisivo che non potrà che scatenare l’headbanging dei vecchi true metallers. Le chitarre serrate di “Inland View” ci fanno capire che i quattro triestini hanno assimilato bene anche la lezione del thrash metal a-la Megadeth, mentre in “Desperate Hopes” fanno capolino persino i Thin Lizzy piùepici.
“New Dawn’s Eve”, col suo intro cinematografico, è una vera mazzata sui denti, al termine della quale fortunatamente arriva in nostro soccorso l’affascinante e particolare brano posto in chiusura “Blues On The Verge Of Apocalypse”, completamente avulso dal resto dell’album e caratterizzato da atmosfere blues psichedeliche che ricordano i primi Black Sabbath e che concedono finalmente di tirare il fiato e rilassarsi un momento, scaricando l’adrenalina accumulata lungo tutta la durata del disco.
Certo, questi Tytus non propongono niente di nuovo, ma riescono molto bene a ricreare le atmosfere di quello che una volta si chiamava semplicemente Heavy Metal senza necessità di ulteriori etichette, quell’Heavy Metal che ha forgiato la generazione di chi ha oggi superato i 40 e che si esalterà a scoprire che anche qui in Italia quella lezione non è stata dimenticata. C’è davvero bisogno di roba nuova quando c’è chi riesce a riproporre così bene le sonorità classiche del passato? Ai posteri l’ardua sentenza.
Tracklist:
- Ode To The Mighty Sun
- Land Of The New Frontier
- Haunted
- 325 A.D.
- White Lines
- Omnia Sunt Communia
- Inland View
- Desperate Hopes
- New Dawn’s Eve
- Blues On The Verge Of Apocalypse
Band:
Ilija Riffmeister ”“ voce, chitarra
Mark Simon Hell ”“ chitarra
Markey Moon ”“ basso
Frank Bardy – batteria
Comments are closed.